"Se ti dico scienza e ricerca, cosa ti viene in mente?” “La speranza” Intervista a Eleonora Vannini

Sesto al Reghena, 24 maggio 2019
Eleonora Vannini, classe 1985, nata a Fiesole (Fi), laureata all’Università di Pisa, un dottorato in Neurobiologia presso la Scuola Normale Superiore, ha poi lavorato nel Regno Unito (Università di Leicester), presso la Humanitas University di Milano e, dalla primavera del 2019, presso l’Istituto di Neuroscienze del CNR a Pisa grazie a un Grant Fondazione Umberto Veronesi, sostenuto dalla nostra associazione, Il Dono di Rossana.
Di cosa ti occupi con il tuo progetto di ricerca?
Sto cercando di ingegnerizzare una proteina batterica, chiamata CNF1, per usarla come possibile strategia terapeutica nella cura del glioblastoma multiforme (GBM). Nelle mie precedenti ricerche avevo già dimostrato l’enorme potenzialità del CNF1 nel trattamento di questa patologia, quando somministrata in loco. La proteina infatti, ha un doppio vantaggio: oltre a rallentare la crescita tumorale del glioma ha anche un effetto neuroprotettivo e rallenta il deficit funzionale progressivo dovuto
alla malattia. Il CFN1, però, non può essere somministrato per via sistemica perché non solo non riesce a passare la barriera ematoencefalica, che protegge il cervello dagli agenti esterni, ma non riesce neanche a riconoscere selettivamente le cellule di glioma ed entra in ogni tipologia cellulare. Bisogna trovare un modo per superare queste limitazioni.
Come?
Ho pensato di coniugarlo con la chlorotoxin (CTX), una proteina derivante da uno scorpione, che si lega in modo specifico alle cellule di glioma (è già usata nella rimozione chirurgica della massa tumorale perché permette una resezione più pulita). Sappiamo anche che la CTX può passare la barriera ematoencefalica. I miei studi preliminari in vitro hanno dimostrato che la chimera CTX-CNF1 ha la stessa efficacia del CNF1 nell’uccidere le cellule tumorali; al momento sto effettuando alcuni test in vivo per confermare tali dati.
Com’è la tua vita in laboratorio?
La mattina generalmente arrivo in bici. Mi piace arrivare presto per poter controllare le email, dare un’occhiata alla mia agenda e godermi un po’ di quiete. Faccio un riepilogo della giornata di lavoro che mi attende. Generalmente cerco di organizzarmi al meglio incastrando vari appuntamenti ed esperimenti, al fine di rendere la giornata il più produttiva possibile. Verso le 9.30 comincio con gli esperimenti. La durata della pausa pranzo dipende molto dal tipo di esperimento sto facendo, se riesco mi svago 30-45 minuti con i colleghi per poi riprendere a lavorare. La sera, prima di andare a casa e dopo gli esperimenti, ricontrollo le email.
E nel tempo libero?
Vorrei averne di più! Cerco di nuotare almeno una volta a settimana, mi piacerebbe tornare a fare volontariato (in passato ho insegnato italiano ai migranti) e praticare il windsurf d’estate. Almeno la sera riesco a leggere e guardare film e, appena possibile, adoro viaggiare. Una volta nella vita vorrei vedere il Sahara.
Come ti vedi fra 10 anni?
Mi piace pensarmi come una ricercatrice a tutti gli effetti, con fondi e un gruppo tutto mio.
Cosa ti piace di più della ricerca?
È un lavoro molto stimolante, essere continuamente a contatto con nuove tecniche e scoperte mi rende sempre aggiornata (anche se a volte è faticoso…). Confrontandomi con amici al di fuori di questo mondo, mi rendo conto che mi impegna gran parte della giornata e del weekend, ma sono contenta così. Mi piace la soddisfazione di scrivere un articolo alla fine di un progetto e mi piace avere degli studenti a cui insegnare le cose. Inoltre, amo presentare il mio lavoro a
meeting e convegni, perché in questo modo ottengo feedback su ciò che sto facendo. E, naturalmente, è anche un’ottima occasione per viaggiare un po’.
E cosa invece eviteresti volentieri?
La continua ricerca di fondi; la precarietà è frustrante. Ma eviterei volentieri anche di leggere articoli scientifici o idee scientifiche da chi non sa di cosa parla ed
eviterei volentieri anche molta burocrazia che, purtroppo, è eccessiva anche nel mondo della ricerca.
Con chi ti piacerebbe andare a cena una sera?
Mi piacerebbe andare a cena una sera con Barry Marshall, che per convincere tutti che la gastrite fosse dovuta al batterio Helicobacter pylori lo ingerì. Questa storia mi ha molto colpito e mi suggerisce sempre nuove riflessioni.
Se ti dico scienza e ricerca, cosa ti viene in mente?
La speranza
Qual è per te il senso profondo che dà un significato alle tue giornate lavorative?
La speranza che il mio lavoro possa portare benefici a persone che soffrono.