“Il lavoro del ricercatore?” “Cercare un modo originale e innovativo per rispondere a delle domande complesse” Intervista a Francesco Antonica

28/08/2019
“Il lavoro del ricercatore?” “Cercare un modo originale e innovativo per rispondere a delle domande complesse”   Intervista a Francesco Antonica

Sesto al Reghena, 28 agosto 2019

Francesco Antonica, ricercatore presso il Centre for Integrative Biology (CIBIO) dell’Università degli Studi di Trento, studia come sviluppare nuovi modelli per la cura degli gliomi infantili di alto grado. La sua borsa di ricerca è finanziata da Il dono di Rossana tramite la Fondazione Umberto Veronesi.

Francesco, ci può spiegare in modo semplice, comprensibile anche per i non addetti ai lavori, in che cosa consiste il suo progetto di ricerca?

Il mio progetto di ricerca si focalizza sulla forma più aggressiva e mortale di tumori pediatrici, i gliomi di alto grado. Contrariamente a quanto accade negli adulti, per cui la chirurgia rappresenta il primo passo nel trattamento, ciò non è possibile nella maggior parte dei pazienti pediatrici dove gli unici approcci terapeutici sono la radio e chemioterapia. Inoltre i chemioterapici in uso sono stati creati per il trattamento di forme adulte di glioma e ciò fa sì che i pazienti pediatrici abbiano una bassa risposta terapeutica è quindi una prognosi infausta. Il problema principale nella creazione di farmaci mirati per le forme pediatriche di glioma è il basso numero di modelli sperimentali validi che mimino il glioma pediatrico. Ad ora i modelli di glioma a disposizione riproducono principalmente le forme adulte e sono stati creati inducendo l’iperespressione di oncogeni nelle cellule cerebrali. Per creare i primi modelli di glioma pediatrico umano abbiamo deciso di iperesprimere nelle cellule cerebrali una serie di geni trovati iperespressi in campioni di glioma pediatrici e valutarne la capacità tumorigenica. Ciò potrebbe divenire uno strumento valido nella ricerca di nuovi approcci terapeutici più focalizzati sulle forme infantili di glioma.

Il suo è un progetto che si concentra soprattutto sui pazienti più giovani, i bambini: come mai questa scelta?

Come detto in precedenza è la mancanza di modelli sperimentali validi per permettere lo studio delle forme pediatriche di gliomi di alto grado e quindi loro possibile uso nella creazione di terapie sempre più mirate per i pazienti più giovani che mi ha indotto focalizzarmi su questa fascia di età.

C’è una differenza sostanziale, legata all’età dei pazienti, sia nelle caratteristiche della patologia che nella reazione a essa?

Sì esistono molte differenze (per esempio genetiche, istologiche, epidemiologiche e prognosi) tra le forme adulte e pediatriche di gliomi di alto grado. La prima importante differenza riguarda la localizzazione del tumore, infatti nei bambini, contrariamente agli adulti, è spesso localizzato in aree specifiche del cervello che lo rendono impossibile da asportare. Un’altra differenza molto importante è la bassa risposta ai chemioterapici tradizionali.

Come mai ha deciso di concentrarsi proprio sulla lotta al tumore cerebrale? E a che punto è, in base alla sua esperienza, la ricerca in tale ambito?

Sono stato sempre affascinato dalle neuroscienze e dalla complessità del cervello. Volendo studiare i tumori ho combinato le due cose ed ecco come mi ritrovo a lavorare sul tumore cerebrale. Ogni giorno stiamo imparando qualcosa di nuovo per esempio su come questo tipo di tumore nasce e si evolve; un giorno tutte queste conoscenze dovrebbero aiutare nel capire come migliorare le terapie attualmente in uso.

Quali sono gli obiettivi che concretamente si può sperare di raggiungere da qui a 5/10 anni nella cura del tumore cerebrale?

Personalmente penso che il primo passo verso una terapia più efficace sia proprio nella ricerca di base. In pratica capire come un tumore di questo tipo si forma e soprattutto da quali cellule il tutto abbia inizio e poi come tutto l’intero processo evolva. Questo, come nella maggior parte dei tumori, può aiutare nel perfezionare la terapia capendo il “target” ossia cosa andare a colpire. Nel nostro lavoro e soprattutto nel campo dell’oncologia è difficile fare una stima sugli obiettivi raggiungibili da qui a 5-10 anni. Sicuramente oggi rispetto a 10 anni fa ne sappiamo di più su questo tipo di tumore.

Il dono di Rossana, come sa, è un’associazione nata per volontà dei genitori di Rossana Milazzo, una giovane ragazza di 26 anni che ci ha lasciato un anno fa proprio per tumore cerebrale . Che cosa significa per lei sapere che il suo progetto di ricerca verrà sostenuto da questa associazione?

Curiosità, passione e motivazione sono i motori che spingono ogni ricercatore a fare il proprio lavoro. Conoscere la storia di Rossana direttamente dai suoi genitori, che ho avuto il piacere di conoscere, mi ha dato un’ulteriore motivazione in quello che faccio. Non siamo delle macchine per cui metterci anche una componente emozionale in quello che facciamo può far solo che bene.

Vuole raccontarci qualcosa di se, quali sono le sue passioni, come trascorre il tempo libero?

Il poco tempo libero che il mio lavoro mi concede lo dedico interamente alla mia famiglia.

Se volesse sintetizzare in una parola o in una frase il suo lavoro di ricercatore, cosa direbbe?

Cercare un modo originale ed innovativo per rispondere a delle domande complesse.