Le News dai “nostri laboratori”: la ricerca di Brunella Costanza

Cordovado, 10 settembre 2022
«Fare la ricercatrice non è un lavoro, è la mia missione personale» con questa frase che ci è rimasta impressa, la dr.ssa Brunella sintetizzò il suo lavoro di scienziata al nostro primo incontro e oggi, con la stessa passione, lo conferma. Grazie ai moderni strumenti virtuali abbiamo avuto l’occasione di raccogliere in diretta la testimonianza della ricercatrice e di capire dalla sua descrizione l’importanza dei risultati che il suo progetto ha conseguito fino ad oggi. Con piacere riportiamo una sintetica informativa ricevuta dalla dr.ssa Costanza, che ringraziamo per il suo prezioso lavoro.
Sono ancora piccoli passi che, siamo sicuri, giorno dopo giorno ci condurranno alla nostra meta: trovare una terapia per il tumore cerebrale, in ricordo della nostra Rossana.
“Il Glioblastoma (GBM) è ad oggi, negli adulti, il tipo di tumore più mortale tra le neoplasie cerebrali. Nonostante i progressi raggiunti dalla ricerca sperimentale e clinica, il GBM rimane una patologia poco curabile e con scarse opzioni terapeutiche che sono limitate alla resezione chirurgica della massa tumorale, ove possibile, e al trattamento radio- e chemio- terapico. Il fallimento delle attuali terapie è legato alla presenza di una sottopopolazione di cellule con caratteristiche staminali, responsabili sia dell’insorgenza del tumore che della chemio resistenza e annessa recidiva. Trattamenti mirati contro questa popolazione cellulare sono di vitale importanza in GBM. In questi anni, ho svolto la mia attività in un team di ricerca, dove abbiamo testato strategie terapeutiche volte a bloccare la proteina LSD1. Questa proteina, è abbondantemente presente nel modello su citato, e il suo bersagliamento con un farmaco sperimentale formulato nel nostro istituto (LSD1i), si è dimostrato significativamente efficace nel rallentare la crescita tumorale in modelli sperimentali in vitro e in vivo. I risultati ottenuti sono stati recentemente pubblicati in una rivista scientifica di alto impatto (Faletti et al., 2021). Dal punto di vista molecolare, LSD1 è oltre ad un modulatore epigenetico, anche un abile manipolatore del metabolismo cellulare, in grado di conferire alle cellule cancerose una sorta di plasticità metabolica che le rende abili ad adattarsi e sopravvivere in condizioni di stress tipiche del microambiente tumorale. La nostra attività di ricerca, sfruttando modelli sperimentali che ricapitolano fedelmente il GBM, ha individuato caratteristiche peculiari che rendono vulnerabili a LSD1i alcune linee cellulari derivanti da pazienti. Queste caratteristiche, che includono, la dipendenza da nutrienti come il glucosio, potranno definire a priori, un modello predittivo di risposta a trattamento con LSD1i. Questa parte di progetto si sta sviluppando in collaborazione con un gruppo di ricerca del CNR di Torino. Tuttavia, data l’elevata eterogeneità del GBM, abbiamo individuato un secondo gruppo di pazienti che si sono dimostrati resistenti al trattamento con LSD1i. I dati raccolti finora, provano come le colture cellulari derivanti da questi pazienti siano molto più flessibili dal punto di vista metabolico, essendo in grado di ricavare la propria energia a partire da diverse fonti. Questa loro spiccata capacità, le rende in grado di adattarsi e di sopravvivere in microambienti tumorali ostili, caratterizzati da scarsità di nutrienti e vari tipi di stress indotti per esempio da chemio- e radio terapici. Per comprendere meglio i meccanismi che guidano il comportamento “plastico” di queste cellule, abbiamo condotto analisi approfondite di espressione genica e proteica, prima e dopo trattamento con LSD1i. Analisi comparative, tra cellule responsive e resistenti a LSD1i ci hanno permesso di identificare alcune vie di segnalazione che spiegano la diversa vulnerabilità delle due coorti di pazienti rispetto a LSD1i. Di rilievo, tra queste è sicuramente è il management dello stress a livello del reticolo endoplasmatico. Questo organello cellulare è preposto alla configurazione delle proteine nella loro forma funzionale. Danni a questo livello, che si verificano per esempio quando la cellula richiede un aumento della velocità di produzione delle proteine, attivano un programma di correzione noto come UPR. Tanto più questo programma è efficiente tanto meglio il danno verrà riparato e la cellula sopravviverà. Abbiamo documentato, come a seguito del trattamento con LSD1i, e/o di droghe in grado di provocare danno al reticolo, la risposta nella coorte di cellule resistenti fosse più rapida e risolutiva garantendone la sopravvivenza. Viceversa, la coorte di cellule sensibile si è dimostrata poco incline a gestire questo tipo di stress e anziché lavorare sul ripristino delle funzioni vitali, ha attivato programmi di morte controllata. Questo peculiare comportamento ha circoscritto il campo di indagine per le nostre ricerche a due organelli cellulari fondamentali: il reticolo endoplasmatico ed il mitocondrio. Abbiamo pertanto condotto un’analisi funzionale dei principali regolatori delle attività che avvengono a questi due livelli, in cellule resistenti sotto pressione di LSD1i. L’obiettivo era individuare uno o più marcatori responsabili del fenotipo finora descritto. Questa analisi ci ha permesso di scoprire una nuova proteina che per funzionalità e sovrabbondanza nelle cellule resistenti, spiegherebbe la refrattarietà di alcuni pazienti a LSD1i e danni al reticolo più in generale. Questa proteina, per sé, potrebbe rappresentare un nuovo bersaglio su cui disegnare terapie mirate, contribuendo al risvolto traslazionale della nostra attività di ricerca.”